傅文俊:光的书写者

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文/马可·雷布兹

传统意义上的摄影,复制风景、人物,记录某一时刻,让它们得以永恒存在。艺术家傅文俊对摄影艺术做出了变革,他没有放弃拍摄,但让摄影从拟像和二维中跳脱出来。我认为,可以把他的作品追溯到洛约拉圣伊格内修斯的精神运动(Esercizi Sprirituali di Sant’Ignazio di Loyola),类似于东方的瑜伽和禅宗思想。实际上,从作品中我们可以看到,傅文俊是先解构,再重构的:在艺术家的头脑中,最初的摄影“种子”经历了变形,被“破坏”,再得到重新阐释,赋予它新的生命。摄影一词来源于希腊语,意为“光的书写“;而傅文俊是一位“超越的书写者”(metascrittore):不仅能用自然光线书写——没有光就没有摄影,他还用智性的光在书写。他驾驭自己的思想如同郭庵禅师(Kuo-an)的牧牛人掀起了“玛雅女神的面纱”,让来自不同文化的认知与美学理念交织,展现出瑰丽的艺术创作。

傅文俊的艺术理念将摄影升华为他独创的艺术风格:数绘摄影。

傅文俊还是一位构筑桥梁的人,通过艺术,他建立起现在与过去的时间之桥,不同文化和宗教之间的桥梁,还有东方与西方的桥梁。

傅文俊数绘摄影《失之交臂》

这一点在作品《失之交臂》中可以清晰地看到。西方艺术的典型标志——米洛的维纳斯,完美地“雕刻”在中国大足石刻上。女神维纳斯与千手观音亦真亦幻般并置于一处,好似一只被巨大金色尾巴包裹着的孔雀,散发着永恒的美丽。这一隐喻的“尾巴”由1004支手臂构成,代表了佛的慈悲,用于消除世间的痛苦。在此,中国与希腊、神话与佛教、英雄与慈悲之间“不平等”的拥抱不禁揭示了一段具有讽刺意味的历史:1820年,农夫Yorgos Kentrotas发现了维纳斯雕塑,但如今它却被收藏在法国卢浮宫博物馆,维纳斯的双臂也不复存在。

傅文俊数绘摄影 《中西合璧》 傅文俊数绘摄影 《殊途同归》

艺术家在作品《中西合璧》中复制了这一模式:维纳斯雕塑几乎消融在宋代宫廷画家梁楷的水墨画中,它的不朽在时间的流转中成为永恒。

作品《殊途同归》中依然出现了维纳斯的身影,与药师佛并置在一起,画面空灵,有一种透明感。现存于美国纽约大都会博物馆的药师佛壁画是一幅经典的药师图像:药师佛手持一碗,象征他的使命是为人治病,他安坐在天上,被菩萨、战士和神灵包围着。傅文俊在数绘摄影作品中,用维纳斯替换了药师佛,为古罗马诗人维吉尔的诗句“爱胜过一切”增添了生动的注脚。

傅文俊数绘摄影《西藏飘来的风》No.5 傅文俊数绘摄影《西藏飘来的风》No.6

系列作品《西藏飘来的风》诗意盎然,从标题就可感受一二。傅文俊的创作带来了被过滤、侵蚀和抚平的关于世界屋脊的记忆。这类似于当地的一种传统,西藏的僧侣将他们的祈祷书写在经幡上,让经幡随着风飘散而去。傅文俊凭借出色的创造力,用艺术作品代替了神话般的风马,将“祈祷”从大地带向了天空。

“你所见的一切皆请记住,

因为你所忘记的

都将回去,随风飞扬”

(古代纳瓦霍语谚语)

关于作者:马可·雷布兹,意大利艺术批评家、曼托瓦贡扎咖博物馆策展人。

Fu Wenjun Scrittore di Luce

Marco Rebuzzi

L’uso classico della fotografia permette di replicare un paesaggio, una persona, un momento eternizzandoli. Il maestro Fu Wenjun rivoluziona questo approccio; non abbandona la fotografia ma la libera dal dato mimetico e dalla dittatura della bidimensionalità. La genesi delle sue opere ricorda il discernimento e la meditazione propri degli Esercizi Sprirituali di Sant’Ignazio di Loyola con assonanze e parallelismi nelle discipline orientali dello yoga e dello zen. Possiamo infatti osservare nel procedimento creativo di Fu Wenjun una pars destruens che precede la pars costruens: l’embrione fotografico iniziale subisce una metamorfosi, viene “distrutto”, rielaborato, dando vita così a una nuova opera d’arte presente in nuce solo nella mente dell’artista. Fotografia deriva dal greco , “scritture di luce”; Fu Wenjun è quindi un “metascrittore” in grado di lavorare non solo con la luce fisica, senza la quale la stessa fotografia non esisterebbe, ma anche con la luce dell’intelletto. Egli cavalcando le proprie idee come il contadino il toro di Kuo-an squarcia il velo di Maya offrendoci il mosaico cognitivo-estetico delle sue creazioni.

La poetica del maestro declina l’arte della fotografia concettuale approndando alla propria cifra stilistica: la digital pictorial photography.

Fu Wenjun è anche un pontefice (pontifex) poiché, tramite la sua arte, è in grado di costruire ponti temporali tra presente e passato, tra diverse culture e religioni, tra Oriente e Occidente.

Emblematica in tal senso è l’opera (Lose an Opportunity Close at Hand) dove troviamo in primo piano una delle principali icone dell’arte occidentale: la Venere di Milo, perfettamente iscritta in una delle grotte cinesi di Dazu. La Venus victrix si sovrappone illusionionisticament al Bodhisattva Avalokitesvara, sembra quasi un pavone avvolto dalla sua enorme code dorata, eco senza fine dell’eterna bellezza. In realtà questa metaforica code è formata da 1004 braccia, attributi del Buddha della compassione, impegnate a togliere dal mondo sofferenza e dolore. È difficile non cogliere anche un briciolo di ironia in questo abbraccio “impari” tra Cina e Grecia, tra mitologia e buddhismo, tra eros e compassione: nel 1820, infatti, il contadino Yorgos Kentrotas ritrovò la statua, oggi esposta al Louvre, priva proprio dei suoi due arti superiori.

Il maestro replica questo schema anche in (Combination of Chinese and Western) dove la statua di marmo pario di Venere sembra sciogliersi nell’inchiostro di Liang Kai, pittore di corte della dinastia Song, fondendosi con il suo immortale in una camminata senza tempo.

In (Reach the Same End by Different Routes) è sempre la Venere di Milo a sovrapporsi a Bhaishajyaguru, il buddha della medicina, grazie ad un geniale gioco di trasparenze. Il dipinto murale oggi al Metropolitan Museum di New York rispecchia l’iconografia tradizionale: il buddha che stringe in una mano la ciotola simbolo della sua missione curativa, è collocato in paradiso circondato da bodhisattva, guerrieri e divinità. Ma nella digital pictorial photography è Venere che si sostituisce al Bhaishajyaguru, parafrasando Virgilio: omnia vincit amor.

Appaiono intrise di poesia le opere della serie (Wind from Tibet) già a partire dalla scelta del titolo di appartenenza. I ricordi dal tetto del mondo giungono a noi filtrati, corrosi, levigati dal vento creativo di Fu Wenjun. Un suggestivo parallelismo con la tradizione dei monaci tibetani che scrivono le loro preghiere sulle bandiere per affidarle al vento. L’artista si sostituisce, grazie alla sua forza creativa, al mitico Lungta, cavallo del vento, in grado di portare le preghiere dalla terra al cielo.

“Tutto quello che hai visto ricordalo

perché tutto quello che dimentichi

ritorna a volare nel vento” (antico proverbio Navajo)

L’autore Marco Rebuzzi, critico d'arte e conservatore del Museo Gonzaga di Mantova.


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